Guai a chiamarlo sommelier. Luca Maroni è un analista sensoriale del vino. E non solo conosce il frutto della vite come pochi, ma lo esamina e lo indaga con un metodo semplice e severo, quasi matematico, da lui stesso perfezionato al punto da valergli la fama internazionale. Luca Maroni è sulla breccia da quasi trent’anni e, come un indefesso e zelante precettore, non deve ancora essersi stancato di raccontare il vino al suo prossimo. Se mai fosse possibile. Continua invece ad esplorarlo da amante fedele e appassionato in un seducente, quanto screziato, universo di sapori, gusti e sensazioni.

Come nasce Luca Maroni dal punto di vista professionale?
Ero uno studente in Economia e Commercio in cerca di una passione, ma forse è stato il vino stesso a crearmi – mi racconta Luca Maroni affabile e gentile. In quel momento storico, sul finire degli anni ’80, c’era bisogno di qualcuno che indagasse il vino da un punto di vista più tecnico ed essenziale. Avevo 24 anni, ero astemio e il vino non mi piaceva, allora era molto pesante e c’erano ancora molti difetti nella trasformazione enologica. Poi un giorno, un caro amico che mi aveva illuminato sulla qualità dell’alimentare mi regalò un bottiglia di vino. Il giorno dopo acquistai tutti i libri che allora esistevano sul vino. Mi sono innamorato ed appassionato al nettare rosso, e dopo quattro anni di studio da autodidatta ho scritto una lettera a Veronelli, che è stato il mio maestro, proponendomi come collaboratore. Da allora, nel 1988, cominciai esclusivamente ad occuparmi di analisi sensoriale applicata al vino.

Quando lei parla di analisi sensoriale del vino, afferma che per pensare bene a quello che si sente bisogna stare molto attenti, tesi in avanti con sensori e pensiero, perché analizzare le sensazioni vuol dire pensare. Dunque, quando pensa al vino, qual è la prima sensazione che le suscita?
Sicuramente la sua enorme energia calorosa più che calorica. Perché il vino è sì calorico, ma è prima e soprattutto caloroso. L’uva è l’unico frutto che rende il calore e l’ardore del sole che la matura. Questo è l’aspetto più bello. Il vino è vivo, energetico e caldo.

Torniamo all’analisi sensoriale. Da dove parte e quali sono le sue coordinate?
I parametri che determinano la qualità del vino sono tre, e sono i parametri che io stimo con i miei sensi. Innanzitutto la consistenza, ovvero la ricchezza del vino in estratti, cioè quando il vino è diverso dall’acqua, quando è polposo. Il secondo parametro che valuto è l’equilibrio del sapore: deglutisco un sorso di ognuno dei vini che degusto e valuto se la morbidezza del sapore dei vini bianchi è uguale alla loro acidità, e dei vini rossi se la morbidezza del gusto è uguale all’acidità più il tannino, cioè l’amaro. Il vino deve essere equilibrato al sapore per essere piacevole. Dunque, nei bianchi dobbiamo sentire sì la fragranza acida, ma la giusta morbidezza così come nei rossi, dove la componente amara si somma a quella acida, la morbidezza del sapore deve essere assolutamente armoniosa e bilanciata. Il terzo parametro è l’integrità. La natura ci consegna il frutto, e ormai la maggior parte dei viticoltori italiani raccolgono un frutto perfetto, nella loro virtù tecnica e nella magnificenza naturalistica e produttiva dei nostri siti. Tuttavia anche la migliore uva del mondo può essere alterata perdendo le sue originarie caratteristiche organolettiche. È fondamentale quindi che l’enologia rispetti il gusto e l’aroma del frutta e la tratti dalla fase solida a quella liquida in modo assolutamente pulito. Tanto più un vino è ricco, equilibrato e integro, tanto più alto sarà il suo indice di qualità.

Il suo è quindi un metodo di impostazione scientifica e fortemente legato al concetto di piacevolezza, come arriva invece a scrivere una scheda sui Migliori Vini Italiani e quali sono gli elementi sensoriali coinvolti?
Segnalo l’indice di piacevolezza e qualità che è dato dalla somma di consistenza, equilibrio e integrità. Valuto ognuno di questi parametri in trentatreesimi, l’indice di qualità dunque può valere massimo 99 punti. La piacevolezza del vino è un effetto la cui causa è la sua qualità analitica e sensoriale compositiva.

A proposito di organi di senso, come ha sviluppato dei sensi così affinati?
Con l’esercizio, la pratica, la sperimentazione e soprattutto con l’elaborazione intellettiva del sentito. Serve molto tempo per familiarizzare con ciò che i propri organi si senso trasmettono e, grazie alla concentrazione, a pensare a quello che si è sentito.

Ha mai pensato di produrre lei stesso del vino?
No, assolutamente no. Limiterei il mio orizzonte soprattutto sperimentale. I produttori si concentrano verticalmente sulla proprio produzione, mancano di una visione grandangolare. Invece il mio mestiere di assaggiatore professionista, mi permette di assaggiare vini provenienti da ogni parte del mondo ed è capace di nutrire i miei sensi.

Sul suo portale www.imiglioriviniitaliani.com è disponibile l’Annuario dei Migliori Vini Italiani 2016, giunto oramai alla 23° edizione. Bene, quali sono secondo lei i migliori vini di quest’anno?
Come sempre vini meravigliosi. Ma aldilà delle graduatorie, mi piacerebbe soffermarmi sui migliori vini italiani dal punto di vista regionale. Non posso allora non citare l’Abruzzo e la Puglia, le regioni più all’avanguardia dal punto di vista della qualità, dove troviamo i migliori rossi italiani. Le due regioni che invece si confermano sistematicamente tra le nuove tendenze sono la Sardegna e la Calabria. I vini sardi e pugliesi rifulgono di una nuova lucentezza enologica rivelando profumi varietali di splendida fragranza. Chi volesse scoprire di più può consultare il mio portale o il mio annuario dove è possibile trovare strumenti di informazione utili, nonché una ricca descrizione delle sensazioni legate alle degustazioni: 1150 pagine di graduatorie, statistiche, informazioni sulle aziende produttrici.

Quali sono i vini che invece sono entrati nell’Annuario dei Migliori Vini Italiani rispetto agli anni precedenti?
Sono sempre molto aperto con i produttori. L’ultimo arrivato, se ha il vino migliore, può essere il primo. Poco importa se un produttore fa lo stesso lavoro da venti anni o è nelle prime posizioni nelle guide di settore. La mia è una guida sul bicchiere e nel bicchiere.

Quali sono gli elementi che contraddistinguono le sue guide?
Il rispetto per il lettore ed il metodo sono le variabili che contraddistinguono le mie valutazioni e le mie guide.

Quanti vini ha degustato nel corso della sua carriera?
Oltre 300.000. Circa 15.000 vini l’anno. Ma potrebbero essere molti di più se includiamo quelli che bevo per piacere personale.

Lei è una grande comunicatore, vanta innumerevoli pubblicazioni, un’azienda solida e strutturata e infine, un evento itinerante “I Migliori Vini Italiani”. A chi è rivolto questo evento?
A tutti quelli che hanno, ancora di più quelli che non hanno, la passione del vino e chiarimenti a tutti gli operatori del settore. Ho sempre considerato l’evento come un punto di unione tra la domanda e l’offerta. Questo per me significa essere media. Mettere in comunicazione la grande offerta italiana con una domanda selezionata. Quello che tengo a precisare è che io non faccio differenza tra operatori e appassionati, perché sono proprio quest’ultimi i nostri datori di lavoro. In definitiva è un evento rivolto a tutti coloro che nutrono un interesse per il vino.

Quali sono le prossime tappe del tour?
La prossima tappa sarà Fano, nelle Marche, dal 17 al 19 giugno. A seguire il Lazio (Frascati), Milano con l’evento nazionale a dicembre. Quindi a Febbraio la nuova edizione a Roma, infine novità assoluta Mosca nel mese di maggio, cercando di promuove un turismo enogastronomico capace di trasmettere in sé l’esperienza del bello e del buono in tutto il mondo.